“Senza uomini non posso stare”

Senza uomini non posso stare è il ritratto autobiografico di Sabrina Evelyn Giannì che ripercorre le vie della propria solitudine all’interno della ricchezza delle conoscenze. Sapori, paesaggi e amicizie determinano le caratteristiche principali dei racconti.

È dedicato in particolar modo a tutte quelle persone che credono di non riuscire a fare a meno del rapporto sentimentale, in origine della incapacità di manifestare a se stessi la propria persona. Senza uomini non posso stare racconta quotidiane esperienze di persone che si affannano nella ricerca dei sentimenti, tra sofferenze e complessità.

Partendo dalla sua Acireale verso Bologna e, poi, tornando alla ricerca delle proprie origini, riparte esplorando i Paesi Bassi, si adatta galleggiando – per sette anni – in Laguna a Venezia e, tornando a desiderare la “terraferma”, si ritrasferisce a Bologna, per nostalgia.

Senza uomini non posso stare cambia gli scenari e i personaggi della protagonista narrante.

Recensioni:

Mario Grasso (Giornalista)

Quando Sabrina mi ha chiesto di condurre la presentazione catanese del volume, ho sorriso. Non avevo letto il libro e immaginavo si trattasse della consueta autobiografia, per forza di cose autocelebrativa, di una amica, di una “per poco” collega, di una insegnante che nell’intimo, nella cultura, nella professione è artista, musicista cioè appartenente ad una categoria che, per mia convincimento, è poco razionale a prescindere, vivendo nel mondo certamente più definito delle profonde emozioni rispetto all’incasinato pianeta di chi quotidianamente vive di giornalismo.
Non con sufficienza ho iniziato a leggere il volume. Mi piace sfogliare i libri delle persone che conosco, mi piace, non voglio essere eretico, sfogliarli anche virtualmente sul tablet o nel telefonino e, pagina dopo pagina, sono rimasto sempre più invischiato nelle storie di uomini ma anche di donne, di cui Sabrina si è servita per raccontare se stessa, per aprire se stessa all’immaginario lettore. “Senza uomini non posso stare” primo volume di Sabrina Evelyn Giannì, è certamente una autobiografia emozionale di chi ad un certo momento della sua vita, ha voluto mettere ordine nei ricordi, ha voluto raccogliere i post-it gialli disseminati nei meandri della mente, per ripercorrere senza fretta ma con la dovuta attenzione e con sincera emozione le vicende che hanno legato l’autrice ad uomini tutti diversi tra loro, con alcune somiglianze, ognuno con il proprio background, ognuno di questi diversamente vicino a Sabrina che è e rimane il fulcro del libro ma che per essere centro abbisogna che tutto intorno si dipanino le storie, i personaggi di chi, comunque, non ha fatto altro che segnare la vita dell’autrice. E si tratta di uomini.
Si tratta di uomini di cui non farò il nome, perché non voglio svelare identità o togliere sorpresa, di uomini che spesso poco o nulla hanno a che spartire con il compagno ideale, Sabrina mi faccia passare il termine, che l’autrice anela, desidera, immagina, prova a toccare con mano, sino a starci male e a rifugiarsi, solitaria, tra le note del suo amatissimo violino.
La famiglia per Sabrina non è punto di partenza e neppure traguardo ma è il fondamento della sua stessa esistenza, sebbene ad un certo momento della vita, l’autrice decida di fare fagotto e assieme al violino, alla formazione culturale che sino a quel momento la distingue da tante e tanti, mischia le carte della vita per iscriversi al Dams, nella sconosciuta Bologna. Certo il padre, che Sabrina vuol bene smisuratamente, le dirà che dopo 3 giorni la ragazza sarebbe tornata in Sicilia, non per scoraggiarla ma per metterla di fronte al mondo, ma lei parte: Acireale, Catania, il mare di Acitrezza, l’Etna stanno strette alla donna che oggi è qui seduta accanto a me. Ma stanno strette non perché Sabrina non apprezzi i luoghi in cui è nata e in cui ha vissuto da bambina, da ragazza, da adolescente semmai per portare fuori dall’isola i profumi di Sicilia, la forza di questa terra, i colori dei volti di chi si arrostisce al sole per guadagnare un pezzo di pane e, nel contempo, l’orgoglio di chi è giovane e sa che deve e dovrà continuare ad essere siciliano nei posti in cui la vita, il destino, il lavoro, l’amore lo condurranno.
Già, l’amore, il rapporto interiore, il discreto e intimo penare per la persona che ha incrociato il percorso della vita di Sabrina, sono per l’autrice, per l’artista non una fissazione ma acqua a cui attingere per vivere. Ed il libro è anche una raccolta di diversità, tutte al maschile. E’ una raccolta contemporanea di espressioni del sesso forte: amici, colleghi, familiari, professori, uomini che hanno perduto la testa per Sabrina e uomini per cui Sabrina ha perduto la testa. C’è chi è empatico, chi è distratto, chi è solo parolaio e chi non va oltre il proprio naso: c’è chi è mal capitato, chi lei pensa che questo qui sia l’unico da sposare, c’è l’anaffettivo, il traditore, il narcisista, il troppo figlio e c’è il nonno. Sì c’è il nonno, galante e perbene, un uomo di altri tempi che scrive di proprio pugno le lettere alla sua amata. Espressioni gentili, pensieri garbati; a leggere il libro, sembra quasi di avvertire nell’aria il profumo della donna che apre la busta per divorare la lettera che è custodita all’interno. Per Sabrina, che pubblica alcune lettere, quella donna è certamente fortunata…Sabrina legge con passione quanto scrive il nonno. Avrebbe voluto lei ricevere quelle lettere.
Ed invece Sabrina, si è trovata spesso a fare da crocerossina, scrive proprio così, a dare man forte ad uomini scollati dalla vita, defenestrati dalle proprie famiglie, grigi al mattino, alla sera, la notte: dalla idealizzazione dell’uomo della vita, ad una vita trascorsa tra uomini, di vario genere, di varia natura, direttamente incontrati qui, a Venezia, in Olanda, a Bologna, o raccontati con il cuore in mano dalle amiche che vivono di Sabrina e che si aprono con Sabrina. Insomma crocerossina e psicologa fai da te, quando Sabrina avrebbe voluto semplicemente essere una donna esclusiva destinataria del fiabescamente bello di un uomo.
Non credo che il libro sia solo una sequenza di relazioni negative se non addirittura fallimentari. Certo, alcuni uomini andrebbero meglio studiati, e leggendo da uomo il libro non ho potuto non interrogarmi sull’ideale dell’uomo cosiddetto. Sabrina rimane al centro di ogni singola pagina, di ogni singola parola che l’autrice, alla fine, non fa altro che indirizzare alle persone che ritengono di non poter fare a meno del rapporto sentimentale e che a volte si accontentano, salvo scontrarsi poi contro il muro della delusione. Non lo nascondo, ho cercato di capire su un piano cartesiano, quali fossero le mie coordinate e dove collocare il puntino su cui tracciare la retta di congiungimento con l’intersezione delle assi, cioè con Sabrina. E sono arrivato alla conclusione che il libro non è solo il crocevia di volti, di storie, di sentimenti ma è anche la continua ricerca di se stessi. Sabrina continua a cercarsi, ma continuano a cercarsi anche gli uomini che le sono stati accanto in vario modo e in periodi diversi della vita. Continuano a cercare se stesse anche le amiche di Sabrina: “Senza uomini non posso stare” è una autobiografia, dicevamo e questo punto è chiaro, ma è anche un compendio di vita.
Se questo libro finisse tra le mani di un produttore cinematografico, di un produttore televisivo e fosse deciso di proiettare questa tua autobiografia al cinema o trasmessa in tv, chi vorresti fosse il tuo “alter ego”, la Sabrina del grande o del piccolo schermo?
Infine, c’è speranza per l’universo degli uomini perché un giorno riescano a conquistare definitivamente l’universo Sabrina, non per confinare il libro nell’isola incontaminata dei ricordi ma per aprire una nuova pagina del volume di emozioni con i caratteri tipografici della Sabrina?

Ringraziamenti a Giraldi Editore.

Teresa di Teresa D'Aniello (Giornalista)

C’è un periodo nella vita di ognuno di noi nel quale si raccolgono i ricordi, i pensieri, le immagini della nostra vita. Le si custodiscono per rivivere i tempi del nostro passato, gli istanti.
Sabrina Evelyn Giannì ha messo insieme le sue frasi scritte su fogli sparsi, annotazioni del suo diario e le ha raccolte: attimi di felicità, di solitudine, di rabbia, di dolore. Ha voluto farne un libro perché ha molte storie interessanti da raccontare e in momento buio della sua vita nel quale si sentiva spenta e continuava “a subire l’eternità delle mie ripetute giornate”, ha trovato nella scrittura la sua idea creativa e la sua cura.
“All’ombra del mio piccolo monolocale del centro bolognese, stringendomi, contraendomi come sotterrata in fondo alla mia stessa vita, presi atto che non potevo più agire diversamente”.
Un irrefrenabile desiderio di scrivere, timorosa e consapevole che non sarebbe stato facile, inizia a mettere su carta tutto quanto, anche i pensieri più reconditi e oscuri, ritrovandosi “archivista di numerosi ricordi” che da sempre cumulava.
Sabrina Evelyn Giannì, nata a Catania, suona il violino fin dall’età di sette anni. Trasferitasi a Bologna per studiare al DAMS, vi si è poi stabilita. Fin da quando era studentessa si è esibita come solista e orchestrale. Ha suonato anche con gruppi jazz e rock. Insegna a Bologna.
In “Senza uomini non posso stare”, sua opera prima, senza censure e con una scrittura sincera e autentica, narra dei suoi crolli, degli studi, della sua Sicilia barocca e sensuale, del suo violino e della musica di Bach (Concerto per solo violino) sempre pronta a consolarla. Gli amori giovanili e quelli “più feroci dei cacciatori”, Sabrina è una donna piena d’amore. Più si sentiva rifiutata più era in cerca dell’amore della sua vita. Arriva a Bologna con il suo violino e il sogno di entrare nel mondo della musica.
“Vivevo quei momenti di gaia solitudine in contrasto con il mondo esterno alla ricerca della gioia interiore che non sapevo dove mi avrebbe condotta. Frequentavo le biblioteche, le sale studio, le mense universitarie e i bar degli studenti, lì iniziavano le mie prime conoscenze. Ero presente alle lezioni, studiavo, suonavo, lavoravo e mi divertivo moltissimo”.
Dai faraglioni dei Ciclopi di Acitrezza alla coloratissima Venezia che incanta e ammalia, alla dotta e grassa Bologna, Sabrina è inarrestabile; nuovo lavoro, nuova casa e un nuovo amore. Senza mai abbandonare il ricordo della madre, è divisa tra l’impegno di lavoro e il conservatorio musicale per perfezionare gli studi di violino. L’amore non sarà quello tanto atteso e sperato e, ancora una volta con il cuore spezzato, in una notte in piena solitudine, decide di fare i bagagli e andare lontano.
“A un certo punto mi imposi di non cercar più nulla, anche perché pensavo di aver appreso già ogni aspetto delle relazioni sentimentali (…) ero stanca di ascoltare la vita che altri desideravano per me (…) non importava più se qualche figura della mia vita avesse deciso deliberatamente di eludersi”.
Un ritratto di una donna intelligente, sensibile, attenta pronta a cogliere gli aspetti più intimi e nascosti della vita, le situazioni, a crearne, a viverle a pieno, e a soffrirne. La stesura del libro è stata per Sabrina Evelyn Giannì un crescendo di emozioni, di piena confidenza, un atto dovuto a sé stessa per potersi conoscere meglio e interiorizzare il suo dolore. Un ritratto autobiografico corredato di bellissime foto in bianco e nero dell’autrice con il suo inseparabile violino, gli occhi luminosi e i suoi capelli corti. Una lettura di straordinaria attualità per le donne e anche per gli uomini che il più delle volte dimenticano come comportarsi con chi li ama.

Font: https://www.sololibri.net/Senza-uomini-non-posso-stare-Gianni.html

Giorgio Albèri (Direttore Editoriale, Giornalista e Regista Teatrale )

Ho il piacere di intervistare una giovane musicista ed anche scrittrice: Sabrina Evelyn Giannì. Ha attirato la mia attenzione e le domando cosa spinge una musicista verso la scrittura.
La parola è musica.
Come può nascere la passione per la musica e per la scrittura?    
Quando ero piccola i miei genitori mi avevano portata da un insegnante di canto e pianoforte e con lui cominciai la mia strada musicale. Avevo provato già nuoto e danza, ma i miei genitori amavano moltissimo la musica. Una sera, al telefono, mia zia di Roma consigliò mio padre di farmi iniziare lo studio del violino. Così cercando tra vari insegnanti e valutando numerose proposte, lasciai tutti i precedenti interessi, dedicandomi solo ed esclusivamente a “questi quattro pezzi di legno” che nel tempo mi riempirono la vita.
E’ normale che nel corso della propria vita vi sia una forma di gratitudine a colui o a coloro che le hanno dato la possibilità di esprimere i tuoi talenti artistici?
Sicuramente ai miei genitori che hanno saputo individuare e comprendere la mia passione per l’arte e per la musica, in particolare modo per il violino.
Può raccontare ai nostri Lettori quali esperienze artistiche le hanno regalato emozioni più intense?
Non è semplice fare una sorta di “classifica”, viste le numerose attività artistiche che ho sperimentato, anche nel campo della pittura contemporanea. Posso dire che di certo tutte le mie esperienze orchestrali sono state per me altamente entusiasmanti. La scrittura di certo è la mia nuova rivelazione che ho finalmente avuto modo di rendere pubblica.
Nella sua vita, se ho ben capito, stanno venendo altri interessi per altre forme artistiche?
Amo la musica, la pittura, il teatro e la fotografia. L’arte mi attrae in tutte le sue forme. Mi incuriosisce molto. 
Ho avuto occasione di leggere qualche suo scritto che ho trovato impegnativo e riflessivo dal punto di vista umano, ma quando si è resa conto quanto è importante scrivere?
Da quando ho imparato a scrivere penso di non aver mai più lasciato la penna. Mi piace dare voce alla mia interiorità e ai miei pensieri. Scrivere per me è uno sfogo, un desiderio di comunicare, una passione, un lavoro, è armonia, mi piace ascoltare il suono delle parole e avvertirne le vibrazioni.
Scrivere per me è conoscermi, esplorare, approfondire, riflettere, decidere.
C’è qualcosa che ha sognato di fare e non ha fatto? 
La ballerina classica; forse perché avevo iniziato a far danza e poi ho smesso
Se potesse svegliarsi domani con una nuova dote, quale sceglierebbe?
Se avessi il talento, sceglierei oggi la recitazione.  
Lei ha scritto un romanzo dal titolo un po’ particolare: “Senza uomini non posso stare” Com’è nata questa idea?
E’ nato circa dieci anni fa quando pensavo di scrivere un libro che sarebbe stato solo mio. Poi recentemente un’amica mi ha convinto di non tenere “un sogno nel cassetto” e mi presentò Rossella Bianco l’attuale mio editore. Valutarono il mio manoscritto e approvarono la pubblicazione.
Perché crede si debba leggere un suo romanzo?
Perché diventi utile a tutte quelle persone, che, come me, si siano trovate in certe situazioni. Mi auguro soprattutto che l’appassionato lettore possa evitare i miei stessi errori o che altra persona voglia trarne beneficio.
Che cosa è troppo serio per scherzarci su?
Le difficoltà altrui.
Cosa vorresti che il lettore riuscisse a comprendere leggendo i suoi scritti? Quale significato non del tutto esplicito vorresti potesse cogliere?
Che i veri romanzi sono quelli realmente vissuti.

Giorgio Albéri

Silvia Santachiara (Giornalista)

Senza uomini non posso stare” è il primo libro di Sabrina Evelyn Giannì, che è docente della storia primaria di Bologna e da sempre appassionata di poesia, scrittura e soprattutto violino, che suona fin dall’età di 7 anni.

“Senza Uomini non posso stare” è l’autobiografia di Sabrina, un viaggio nel tempo che parte dagli anni universitari per arrivare ad oggi e che si snoda tra diverse relazioni sentimentali e il suo percorso professionale e musicale. Partendo da Acireale verso Bologna, poi i Paesi Bassi e la Laguna, dove ha vissuto sette anni, e infine ancora Bologna, Sabrina racconta la sua storia, intrecciandola alle esperienze di persone che si affannano alla continua ricerca dei sentimenti, tra sofferenze e consapevolezze, convinta di non riuscire a fare a meno del rapporto sentimentale. Per poi scoprire che forse non è così.
1) Nel libro hai delineato diverse “tipologie” di uomini che tu stessa hai incontrato o che hanno incontrato persone a fianco a te: i pessimisti, i dispersivi, le facce di bronzo, i caratteri dispotici…e poi Alvise, il narcisista, l’anaffettivo (che hai raccontato attraverso la storia di Rosina, la tua insegnante di canto), il traditore (attraverso la storia di una tua amica, Stefania), Alex lo sfuggente, e ancora quello che non voleva stringere legami, Benny, il “troppo figlio” e tanti altri… tutti uomini molto diversi da cui dici di aver sempre cercato di “tirare fuori fiabescamente il bello”.
“Intervenivamo subito, accorrevamo subito, soccorrevamo subito”, scrivi all’inizio del libro riferendoti all’atteggiamento tuo ma anche di molte tue amiche. Quindi un approccio iniziale alle relazioni che si può dire caratterizzato dalla cosidetta “sindrome da crocerossina”.
Si dice che noi in realtà incontriamo il riflesso di quello che siamo in un dato momento della vita. Quanto credi che il tuo modo di porti ti abbia portata ad avvicinarti a certi tipi di uomini? E quale di queste esperienze ha lasciato maggiormente il segno?

2) C’è anche un’unica storia finita non per volontà dell’altro ed è quella di Emanuele, che hai definito “il mal capitato”…perché?

3) Per tutta la tua vita hai affiancato la realtà all’idealizzazione, l’immagine di un ragazzo speciale da amare.
Tanto che sei arrivata a dargli pure un nome immaginario, Corrado. (Così, racconti, mi ero innamorata di un uomo immaginario e lui non lo sapeva…).
Un’idealizzazione forte che non trovava mai corrispondenza nella realtà. Quanto l’aggrapparsi all’immagine di un uomo speciale ti ha dato la forza di continuare a cercarlo, fino a che poi però hai perso anche quella?…

 

4)Nel libro ci sono diversi riferimenti alla figura di tuo padre, alla considerazione che lui aveva di te. Quanto c’era di tuo padre negli uomini che hai incontrato, quanto la sua “svalutazione” ha influito secondo te nella possibilità di trovare un uomo che ti amasse per quella che eri? Scrivi di essere arrivata anche ad incolparti di riuscire a trovare solo uomini così…
(lettura)

5)La tua mamma invece ti ha sempre sostenuta e spronata a seguire la tua strada…fino a quando una grave malattia l’ha portata via. Come sei riuscita a superare quel dolore?

 

6) In Senza uomini non posso stare si parla anche di figli, del non essere riuscita a creare una famiglia e lo fai anche attraverso la storia di Nora…

7) Nel libro racconti di essere partita da Acireale verso Bologna, dove hai studiato al Dams, per poi approdare a Venezia e infine ancora a Bologna. Quello che ti ha spinta è stata la sete di cultura e conoscenza. Credi che queste passioni ti abbiano in qualche modo “salvata” da anni e anni di relazioni fallimentari permettendoti sempre di ripartire da te stessa?

8) ricorre spessissimo la parola solitudine e ad un certo punto capisci di avere “la sindrome del rifiuto”. Come ti sei sentita in quegli anni della tua vita?

9) Ad un certo punto, dopo un periodo di profonda apatia e allontanamento dal mondo in cui racconti che non volevi sentire nessuno, rifiutavi gli inviti e ti cibavi di patatine confezionate per poi ritrovarti invece la notte a dipingere e leggere, senti che puoi ricominciare, che è il momento di ricominciare. Cosa pensi ti abbia ridato ancora la voglia di amare? Si può davvero stare, (ma soprattutto stare bene), senza uomini?

10) Un’ultima domanda. Nell’introduzione hai scritto: “Erano tutti ricordi miei e dunque perché scriverli? Forse per creare qualcosa che potesse servire al bene di una piccola parte dell’universo”. Ecco, perché raccontare la tua storia? E per chi?

Angela Seminara (Giornalista)

Ha scelto Acireale e i suoi vecchi amici Sabrina Evelyn Gianni per presentare il suo primo lavoro, qualche settimana fa presso la Ubik libreria “Senza uomini non posso stare” – edito da Giraldi Editore. In realtà la presentazione ufficiale era già fissata il 12 settembre a laFeltrinelli di Bologna.
Sabrina vive a Bologna dove insegna ma è figlia della città delle cento campane e in Senza uomini non posso stare, disegna il percorso interiore che compie attraverso i suoi viaggi, tra gli scogli delle Aci, per arrivare a Bologna, passando per Roma e sfiorando Venezia.. Prende coscienza e dalle sue esperienze conclude, che sia l’uomo, quanto la donna hanno perso il loro ruolo fondamentale, in un contesto sociale che ci vuole tutti uguali qualcosa si è perso, il moto naturale delle cose, se l’uomo ha accentuato il suo individualismo, la donna vive in perenne competizione con lui nel tentativo di prevaricarlo, l’uomo non si riesce più a catturare e alla donna di oggi piace cacciare, un punto di partenza sbagliato. Bisogna quindi fare un passo indietro “Ho sperimentato sulla mia pelle” – ammette sinceramente Sabrina -quindi sto cercando io per prima di scrollarmi dai nuovi comportamenti umani, voglio differenziarmi dall’era rapida dei social network, desidero riacquistare la mia femminilità, quella grazia di cui ogni donna è dotata, che non sta nel tacco 12 nelle unghie laccate nel mostrare il suo corpo ma in quella semplicità che le è naturale”.
Il libro dunque è un bagaglio di esperienze vissute dall’autrice, le pulsioni del suo cuore, i sentimenti contrastanti, le amicizie, gli amori. A tratti alcune pagine perdono il contatto con la realtà per sprofondare nel romanticismo letterario, ma la realtà riemerge quasi subito, inconscia. Un titolo fuorviante che non è un’ammissione ammiccante, ma il modo di superare il senso di solitudine, nella ricerca del comune sentire, del rispetto dell’altro, attraverso la consapevolezza di essere diversi ma con la stessa voglia di amare e sentirsi amati.
Angela Seminara

E’ stata intervistata inoltre dalla Giornalista e intervistatrice Elisabetta Gori presso Feltrinelli di Piazza Ravegnana a Bologna. E ancora, dagli intervistatori Gianluigi Schiavon (giornalista e scrittore e vicedirettore de “Il Resto del Carlino) e da Manes Bernardini (politico e speaker radiofonico) a San Lazzaro di Savena, Bologna.